#Automobili
Negli ultimi venti anni l’industria automobilistica europea ha gradualmente perso terreno rispetto ai principali concorrenti globali.
La produzione e le vendite di automobili in Cina, ad esempio, sono aumentate di più di 25 volte dal 2003, mentre sono diminuite di circa il 25%”.
È ciò che ha affermato l’amministratore delegato di Renault Luca de Meo in una lettera aperta alle istituzioni europee per metterle in guardia dal declino di un settore -una volta trainante per l’economia continentale- ed oggi distrutto dal profluvio di normative verdi che lasciano al verde il settore.
Intanto l’analista Gianclaudio Torlizzi rivela come BYD, il colosso cinese dell’auto, ha aumentato nel 2022 la quota di mercato nel comparto di auto elettriche dal 6,3% all’11,9% superando così Volkswagen passata dal 9,5% al 7,5%. Se era in grado il Marocco di spendere due spicci per sensibilizzare qualche parlamentare europeo sui temi che gli stavano a cuore, cosa dovremmo pensare ora?
#Inversione
Si chiama inversione nella curva dei rendimenti. Si dà cioè per scontato, ovviamente, che se prendo in prestito denaro per restituirlo fra dieci anni paghi un tasso di interesse maggiore rispetto all’alternativa di prendere i soldi a prestito per rimborsarli fra un anno. Sarebbe cioè controintuitivo il contrario.
Ma ciò che sembra strano non vuol dire che sia impossibile. E può quindi succedere, come sta accadendo appunto in questo momento, che gli Stati Uniti paghino un tasso di interesse più alto prendendo il denaro a prestito per restituirlo fra un anno rispetto all’alternativa di emettere un titolo decennale. Si chiama inversione dei rendimenti. E quando questo accade una cosa sembra certa.
Prima o poi arriva la recessione. Così è sempre stato nelle ultime otto recessioni che si sono succedute a partire dal 1970. Compresa pure l’ultima causata dai lockdown per impedire inutilmente la diffusione del covid. Insomma, sappiamo cosa aspettarci.
#FAAMG
FAAMG è un acronimo bruttissimo come la maggior parte di questi. Sono le iniziali delle più importanti aziende Big Tech degli Stati Uniti. E quindi del mondo.
F come Facebook, A come Amazon, A come Apple, M come Microsoft e G come Google. Nel 2021 avevano accumulato un utile netto consolidato di 320 miliardi di dollari che nel 2022 è invece sceso a 240.
Si spiega soprattutto così l’ondata di licenziamenti che ha interessato la Silicon Valley. Fra queste c’è chi ne ha risentito di meno e chi di più. Tutti hanno visto diminuire la propria “bottom line” ma non nella stessa misura. Spicca fra queste la sostanziale tenuta di Apple il cui risultato finale diminuisce di appena il 6% passando da
101 a 95 miliardi. Più visibile il tonfo di Amazon che passa da un utile di 33 miliardi (senz’altro spinto dalle chiusure che hanno invogliato i consumatori a fare acquisti on line) a -3 miliardi.
Vendere le app immateriali sul web piuttosto che spostare pacchi fa la sua differenza. Sempre.
#Ue
Qualcuno, fra cui il nostro Governo, ipotizza che si possa fare una sorta di debito comune dentro l’Ue per costituire un Fondo Sovrano Europeo che investa in aziende strategiche.
La risposta made in Europe che dovrebbe vedersi chissà quando rispetto agli aiuti di stato che invece Cina ed Usa stanno già sborsando per fronteggiare i duri tempi che corrono. La Germania dice “nein” ed ha ragione lei. Non perché i cattivi hanno sempre ragione nel mondo reale rispetto ai film. Ma perché hanno letto i trattati a differenza di molti europeisti di casa nostra.
L’articolo 125 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea, infatti, non solo non prevede la messa in comune del debito fra i vari stati per un interesse comune europeo, ma addirittura esplicitamente la vieta. Il cosiddetto Recovery Fund è stata un’eccezione che i tedeschi hanno fin dall’inizio detto che non si sarebbe più ripetuta.
Ho il sospetto che il chiaro intento di Palazzo Chigi fosse proprio quello di farsi dire no.
#Interessi
La Banca Centrale Europea sta aumentando i tassi di interesse.
Così fanno le banche centrali pur di fermare l’inflazione. Sta scritto nel manuale del bravo banchiere centrale.
È l’ABC. Rimane il fatto che quasi la metà dell’inflazione europea non è dovuta al cosiddetto surriscaldamento della domanda.
In altre parole, i prezzi non salgono perché la gente spende di più.
Ma semplicemente perché costano di più quei beni sensibili come energia e cibo la cui volatilità finisce per influire su tutta la catena dei prezzi.
Aumentare gli interessi non ci consentirà di avere energia a buon mercato o più grano nei nostri fienili. Ma su questo la Banca Centrale non può farci niente.
Può stampare denaro.
Anzi creare denaro con un click. Ma non può generare energia. Anzi l’energia la consuma. Sempre con quel click.
Non possiamo farci niente.